Nel mondo globalizzato, si sa, la conoscenza delle lingue straniere assume un ruolo sempre più rilevante nella ricerca di lavoro. Basta infatti scorrere gli annunci stessi presenti sul nostro portale per rendersi conto che sono davvero pochissime le aziende che non richiedano una conoscenza, almeno basilare, dell’inglese o delle altre lingue più utilizzate. Per capire l’importanza di una figura ben formata in ambito linguistico basti pensare che le esportazioni verso l’estero delle aziende italiane hanno raggiunto nel 2015 il valore di 413.881 milioni di euro, in netta crescita rispetto ai 398.000 milioni di euro del 2014 (dati Ministero dello Sviluppo Economico), senza contare la crescita dell’import, che ha raggiunto nel 2015 il valore di 368.715 milioni di euro al cospetto dei 356.939 del 2014. Aggiungendo a questo la strutturale debolezza dei consumi interni italiani, si può facilmente intendere che fare impresa in Italia significhi quasi sempre volgere lo sguardo oltre confine.
Intraprendere un percorso universitario in ambito linguistico non significa tuttavia solo imparare meccanicamente nuove lingue, ma investire su una formazione tecnico-umanistica che comprende lo studio delle culture e dell’economia dei paesi di riferimento, oltre alla semiotica, la glottologia, la filosofia del linguaggio e molto altro. Sono molte in Italia le Università che offrono lauree in Lingue di qualità, secondo un rapporto del Censis, quelle che offrono i corsi migliori sono quelle del nord-Italia (Udine, Modena-Reggio Emilia, Bologna, Siena) mentre arrancano, anche per via dei contesti economici più difficili in cui sono inserite, quelle del centro-sud (Napoli, Palermo, Bari, Roma Tor Vergata).
L’indagine condotta da Almalaurea mostra una situazione in chiaroscuro, fotografando un tipo di laurea spendibile in vari ambiti ma molto legata all’andamento dell’economia, che vede favoriti coloro che non si fermano alla triennale ma ottengono una specializzazione magistrale. Secondo l’indagine dell’autorevole consorzio che riunisce i maggiori atenei italiani, ad un anno dalla Laurea triennale in Lingue e Culture Moderne il 50,9% degli intervistati ha scelto di proseguire gli studi iscrivendosi ad un corso di laurea magistrale, e il 36,6% di lavorare, tra gli occupati: il 32,7% degli intervistati ha affermato di proseguire il lavoro pre-laurea e il 48,2% di aver iniziato a lavorare, a distanza di qualche mese dal conseguimento della laurea.
Come detto la situazione si rivela migliore per i dottori magistrali, specialmente quelli laureati in Lingue e Letterature Moderne Europee e Americane, che hanno dichiarato di lavorare nel 54,6% dei casi, e di non lavorare ma di cercare nel 30,5% dei casi, e nel 14,7& di non lavorare e non cercare. Tra gli occupati il 12,4% degli occupati dichiarava di continuare a svolgere il lavoro intrapreso prima della laurea mentre il 53,7% di aver trovato lavoro grazie alla laurea, dopo circa 5 mesi di ricerca. Le cifre appaiono più alte per i laureati in Lingue Moderne per la Comunicazione e Cooperazione Internazionale, che risultano occupati per il 60.5% ad un anno dalla discussione della tesi, e tra essi solo il 9,6% ha affermato di continuare a svolgere il lavoro iniziato prima della laurea, mentre il 55,7% ha affermato di aver trovato lavoro grazia alla laurea, grazie alla quale guadagna uno stipendio medio più alto rispetto ai possessori di una laurea triennale. Anche la considerazione generale da parte dei laureati in Lingue nei confronti della laurea conseguita è abbastanza buona, infatti il 42,1% degli intervistati dichiara di considerarla una laurea molto efficace ai fini occupazionali, il 34,3% la considera una laurea abbastanza efficace, mentre solo il 23,6% la considera poco o per nulla efficace.
Quali sono gli ambiti in cui questo titolo è maggiormente richiesto? La grande versatilità è forse il principale vantaggio della Laurea in Lingue, che viene nella maggioranza dei casi impiegata in aziende private, sempre più spesso provviste di un ufficio import-export interno, ma anche in enti pubblici, consolati e ambasciate, senza dimenticare il settore editoriale e quello didattico. Da non trascurare anche il settore della mediazione culturale, che da qualche anno va prendendo piede e potrebbe rivelarsi una soluzione occupazionale di grande importanza.
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